È un tardo pomeriggio dell’estate 1969. Siamo nella periferia di Glasgow e Gabriele Basilico imbraccia una Nikon F scattando un solo rullino. È in uno stato di grazia, ma nessuno può ancora sapere che quel rullino costituisce l’atto di nascita di Basilico come fotografo. Lo colpiscono i ragazzini scozzesi, i terrains vagues, l’archeologia industriale ottocentesca. Allora era soltanto uno studente di architettura interessato alle new town inglesi del dopoguerra, alla fotografia sociale di Bill Brandt, ma non aveva ancora manifestato una vocazione per la fotografia. Il volume, dopo Iran 1970 e Marocco 1971, completa la trilogia “Basilico prima di Basilico” ed è accompagnato dai testi di Umberto Fiori, Pippo Ciorra e dalla testimonianza di Giovanna Calvenzi.