Rosaura, alle dieci, suona alla porta della pensione «La Madrileña» di Buenos Aires. Dietro di lei è una storia con un uomo ospite fisso della pensione, un certo Camilo Canegato, pittore: un affare di cuore, un vizio, un inganno, o il capriccio del caso, non si sa: davanti a lei, un matrimonio improvvisato e una morte violenta, consumati in un rapido arco di tempo. Ma chi sia Rosaura, quale la sua identità, la sua vicenda, i tratti del carattere e perfino del corpo, al lettore non sarà dato di sapere con precisione - né tanto meno gli si svelerà inequivoco il delitto, e il movente che ha condotto ad esso. Di Rosaura chi legge avrà soltanto le versioni che ne danno gli ospiti, generosi o gretti, cinici o romantici, timidi o spavaldi, confusi o colti. E saranno versioni in cui si riflette esattamente null'altro che il carattere dei testimoni dei fatti. Tra tutte, una è decisiva e vera, ma non per questo più credibile. Semmai la più convincente sembra quella del pittore, e piacerebbe a uno scrittore metafisico: ho fatto un sogno e ho sognato Rosaura, poi in quel sogno si è incastrata una vera Rosaura; e chi può dire che Rosaura non sia allora una creatura del sogno? Ma negli intenti di Denevi, scrittore argentino - che è come dire scrittore ed esploratore dei meandri che si incurvano tra la realtà e le sue possibilità - non c'è la metafisica. C'è il freddo rapporto dell'osservatore che considera ogni risposta sulla realtà di un fatto come una tracotanza.
Piccolo Sabato
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