Lucio ha diciannove anni ed è quello che, nell’ambito dell’equitazione, si chiama cavaliere. Nel suo orizzonte ci sono solo cavalli. Poi ci sono i cavalieri che hanno fatto storia, e c’è l’amico, Ferro, con cui dividere il sogno di vincere. A fronte di tanta ambizione, il padre di Lucio è un intralcio. Intorno il mondo preme: sotto il vigile occhio di istruttori e commercianti di cavalli, si muovono ricchi investitori e le loro figlie. Tutto sembra a portata di mano, anche il sesso, e di ragazze si fa sin troppo facile conquista. Per Lucio e Ferro l’agonismo accende sogni di gloria e l’ansia sempre più forte di emanciparsi dalla famiglia e dalla grevità della provincia. Basta tuttavia pochissimo per precipitare nei giochi di sopraffazione e compromesso di un ambiente spietato, in cui le molestie sulle allieve sono all’ordine del giorno e la violenza sugli animali, se pur amati, è talvolta necessaria per andare avanti, o addirittura per salvarli dal macello. Gli equilibri si spaccano e Lucio, rotti i ponti con il padre e l’amico di sempre, si trasferisce in Svizzera per tentare il tutto per tutto, anche l’amore. La lontananza si potrà mai accorciare? Bastano i primi successi a dare fondamento alle sue aspirazioni? Di fronte al futuro, la giovinezza sembra perdere fiato. È questa una formidabile storia che mette al centro gli “uomini di cavalli”, un mondo che poco si conosce ma che qui, proprio grazie alla sua specificità, diventa metafora della lotta per la vita, e fa sentire nella bellezza ferita di un cavallo la smorfia del destino. Nessuno meglio di Pietro Santetti, passato dal talento della sella a quello della penna, poteva raccontarcela, quella storia, con tanta passione.